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USCIRE DAL SOVRAINDEBITAMENTO

  • 30/09/2024

STUDIO GRANDIERI MAIORANA CECCARELLI

AVV. ANDREA MAIORANA

 

USCIRE DAL SOVRAINDEBITAMENTO

1) Introduzione

Le indagini svolte dall’ISTAT dimostrano che negli ultimi anni il numero delle famiglie in difficoltà economiche è purtroppo in crescita costante; tale situazione non può essere trascurata da chi è chiamato a governare ed infatti sin dal 2012 sono state istituite - con una legge enfaticamente presentata come “anti suicidi” - specifiche procedure per consentire a chi si trova in condizioni tali da non essere più in grado di pagare i propri debiti di esserne liberato, ovviamente a determinate condizioni.

La prima formulazione di tale legge prevedeva però dei requisiti eccessivamente restrittivi, tali per cui la possibilità di usufruire di queste procedure si rivelò nei fatti estremamente difficile; a ciò si aggiungeva inoltre una certa reticenza da parte dei Giudici, che faticavano a riconoscere ai debitori l’opportunità di liberarsi dalle proprie obbligazioni onorandole solo in piccola parte e lasciando quindi insoddisfatti i creditori.

Nel corso degli anni la legge è stata perciò modificata più volte con l’obiettivo di rendere più facile l’accesso a dette procedure, le quali sono oggi disciplinate all’interno del cosiddetto “Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza”, che ha sostituito con una normativa totalmente nuova anche la vecchia legge sul fallimento.

Come è noto, il fallimento (che oggi ha preso il nome di Liquidazione Giudiziale) è la procedura destinata alla liquidazione di un’impresa industriale o commerciale che non sia più in grado di reggersi economicamente e di continuare la propria attività; esso si applica però solo alle imprese che abbiano un patrimonio, un fatturato od un ammontare complessivo di debiti che superino determinati importi fissati per legge.

Per le imprese che non raggiungono tali importi, per i professionisti, i lavoratori autonomi, le imprese agricole, le start-up innovative e qualsiasi cittadino, che sia lavoratore dipendente, pensionato o disoccupato, sono invece dettate le cosiddette procedure di sovraindebitamento, che hanno lo scopo appunto di permettere a chi non sia più in grado di onorare tutti i propri debiti di esserne liberato pagandone solo una certa quota, variabile in base alle proprie concrete possibilità.

Le procedure previste a tale scopo sono quattro: il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore, il concordato minore, la liquidazione del patrimonio e l’esdebitazione dell’incapiente.

Esamineremo separatamente le singole procedure nei miei prossimi articoli; qui di seguito ne spiegherò le caratteristiche di base, comuni a tutte.

 

2) I soggetti coinvolti

a) Il protagonista principale di queste procedure è ovviamente il debitore, che può avere assunto debiti sia nell’ambito della propria attività lavorativa sia nella vita privata; in quest’ultimo caso è definito dalla legge, con terminologia derivante dalla legislazione dell’Unione Europea, “consumatore”.

Il debitore è ammesso ad usufruire del piano di ristrutturazione o del concordato minore a condizione che non abbia causato con mala fede o colpa grave la propria situazione di sovraindebitamento, cioè di impossibilità del pagamento dei propri debiti; quindi una semplice cattiva gestione della propria attività od in generale della propria vita non impedisce al debitore di accedere a tali procedure ed in tal modo essere liberato dei propri debiti.

Qualunque debitore, anche se in mala fede, può invece fare ricorso alla liquidazione del patrimonio, che comporta la vendita forzata di tutti i suoi beni e la distribuzione del ricavato ai creditori.

b) Altro soggetto fondamentale è l’Organismo di Composizione della Crisi (in breve OCC), che agisce materialmente attraverso un suo componente definito “Gestore” e che deve operare cercando il punto di equilibrio fra le esigenze del debitore di essere sgravato dalle obbligazioni assunte, divenute insostenibili, e l’interesse dei creditori ad ottenere comunque il maggior pagamento possibile.

L’OCC è quindi un soggetto indipendente e può essere costituito o dagli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti e/o dei notai, oppure dagli enti pubblici territoriali (Comuni, Province, Comunità Montane o Consorzi fra Comuni ecc.), dalle Camere di Commercio o, infine, da enti operanti nel campo socio-assistenziale.

In particolare a Biella è stato recentemente costituito l’OCC della Provincia di Biella con la collaborazione degli Ordini degli Avvocati e dei Commercialisti, che è operativo dall’inizio del 2024.

L’OCC, tramite il Gestore, deve analizzare a fondo la situazione del debitore, individuare se e quale procedura è percorribile, predisporre il piano in base al quale procedere ai pagamenti a favore dei creditori ed in seguito controllarne lo svolgimento e la corretta esecuzione fino alla sua conclusione.

c) Fra i soggetti coinvolti vi è naturalmente il Tribunale, che svolge funzioni di organo di controllo; il Tribunale competente è quello del luogo in cui il debitore ha il centro dei propri interessi, luogo che normalmente coincide con la residenza del debitore o la sede dell’impresa.

Compito del giudice è di verificare se ricorrono i presupposti di legge per aprire la procedura, valutare se la proposta è concretamente realizzabile, controllare che il procedimento si svolga regolarmente e infine, se tutto è stato eseguito correttamente, dichiarare l’esdebitazione del debitore, cioè liberarlo da tutti quei debiti o quella parte di debiti che non è stato possibile pagare: i creditori si dovranno quindi accontentare di quello che hanno ricevuto nel corso della procedura di sovraindebitamento e non potranno più pretendere null’altro.

d) Ci sono infine i creditori, che sono i soggetti con minore potere di azione: essi possono sollevare obiezioni e suggerire modifiche alla proposta che il gestore ha predisposto per conto del debitore, ma di fatto sono costretti a subirla poiché il Tribunale può approvarla anche se i debitori si dichiarano contrari, nel caso in cui le possibili soluzioni alternative non possano essere per loro maggiormente vantaggiose.

Questa regola vale per tutti i creditori, compreso l’Erario: anche tasse e imposte non pagate possono essere quindi alla fine condonate.

 

3) I costi

La parte più rilevante e sostanziosa dell’attività richiesta dalle procedure in esame è svolta dall’OCC, che come abbiamo detto è un organismo autonomo ed indipendente ed agisce tramite il gestore, che è un commercialista od un avvocato: OCC e gestore dovranno quindi essere pagati.

Per evitare speculazioni il compenso dovuto è però stabilito da un apposito decreto ministeriale e viene calcolato in diverse fasce di valore a seconda dell’attivo realizzato (cioè, in sostanza, in proporzione all’importo complessivo che verrà distribuito fra i creditori); il pagamento dovrà essere fatto all’OCC, non al gestore.

Ad eccezione di un anticipo che può essere richiesto al debitore, tale compenso viene ricavato dall’attivo realizzato nel corso della procedura: non tutto l’attivo verrà quindi distribuito fra i creditori, perchè una parte dovrà essere accantonata proprio in previsione del pagamento del compenso dovuto all’OCC e delle spese necessarie (ad es. per cancellazioni di ipoteche, trascrizioni di vendite di immobili, volture al PRA ecc.).

A titolo di esempio, per rendere approssimativamente l’idea di quanto possa costare una procedura di sovraindebitamento, si può calcolare che, partendo da un ammontare complessivo dei debiti pari ad € 100.000,00, se l’attivo realizzato sarà di € 20.000,00 il compenso per l’OCC sarà di circa € 2.500,00; con un attivo di € 30.000,00 sarà di € 3.300,00, con € 50.000,00 di € 4.800,00.

 

4) La durata

La legge non contiene nessuna disposizione specifica sulla durata né minima né massima di queste procedure.

Per quanto riguarda la liquidazione controllata non vi sono comunque problemi: la procedura durerà il tempo necessario fino a quando non saranno venduti tutti i beni che compongono il patrimonio del debitore.

Ovviamente, però, non può restare aperta all’infinito: se, fatti alcuni tentativi, ci si ritroverà con alcuni beni per i quali non vi sono state offerte di acquisto (si pensi ad un’autovettura vecchia e carica di chilometri o ad un piccolo terreno incolto), il Tribunale potrà dichiarare chiusa la procedura valutando che non potrà più essere ricavato alcun vantaggio per i creditori.

Più incerta è invece la soluzione per il piano di ristrutturazione del consumatore e per il concordato minore, nelle quali spesso è prevista la messa a disposizione di una quota dello stipendio del debitore: in questi casi è evidente che l’obiettivo di assicurare ai creditori il maggior ricavo possibile porterebbe a tenere in essere la procedura sino almeno al termine della vita lavorativa del debitore, come avviene nel caso di pignoramento dello stipendio.

Questa soluzione contrasta però con la funzione principale della legge, che è quella di consentire al debitore di ritornare a condizioni di vita normali recuperando la propria capacità di spesa; in quest’ottica, nella prassi ci si è orientati verso una durata media di 4/5 anni, ma la valutazione dovrà necessariamente essere effettuata caso per caso, prima dal gestore e poi dal giudice, per cui potrà nei fatti essere anche superiore.

La durata minima non potrà invece in ogni caso essere inferiore a 3 anni, termine stabilito dalla legge affinché il Tribunale possa dichiarare l’esdebitazione.