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STUDIO GRANDIERI MAIORANA CECCARELLI
AVV. ANDREA MAIORANA
RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI
DEL CONSUMATORE
Nell’ultimo articolo qui pubblicato (“Uscire dal sovraindebitamento”) sono state esaminate le funzioni e le caratteristiche generali delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, cioè di quegli strumenti messi a punto dalla legge per consentire a chi sia gravato da debiti che non è più in grado di onorare di esserne liberato pagandone solo una parte, secondo le proprie possibilità concrete.
Ora passiamo ad esaminare distintamente i singoli istituti previsti dalla legge, attualmente tutti inseriti nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (Decreto Legislativo 12/1/2019 n. 14 e successive modifiche).
1) A chi è rivolto
La prima di tali procedure è il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore, la cui caratteristica fondamentale è di essere riservato alle persone fisiche (quindi non alle società) che abbiano contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta.
In altre parole, può fare ricorso al piano di ristrutturazione solo la persona che abbia contratto debiti per la propria vita privata: p. es. il mutuo per comprare o ristrutturare la casa di abitazione, il finanziamento per acquistare l’arredamento di casa o l’automobile (purché questa non sia un bene strumentale all’attività svolta, come può essere per un rappresentante o agente di commercio) o per affrontare spese impreviste quali cure mediche particolari ecc. o anche semplicemente per ottenere più liquidità in un periodo di difficoltà economiche.
Naturalmente non può però usufruire di tale procedura colui che si sia indebitato in mala fede o addirittura truffando il prossimo; neppure può più accedervi chi l’abbia già utilizzata nei cinque anni precedenti o chi abbia già beneficiato dell’esdebitazione per due volte.
2) Come si fa
Come si è detto nel precedente scritto, il cittadino o la cittadina che si trovi in tale situazione deve rivolgersi all’Organismo di Composizione della Crisi (in breve OCC), con l’aiuto del quale predisporrà un piano per il pagamento parziale dei debiti, nei tempi e con le modalità rese possibili dalle sue disponibilità concrete.
Il contenuto del piano è libero, nel senso che la scelta delle risorse da mettere a disposizione dei creditori è riservata al debitore: è possibile, per esempio, mantenere indenne la casa di abitazione ed anzi liberarla da eventuali ipoteche, evitando che sia venduta a seguito di pignoramento.
Il debitore può, per esempio, continuare a pagare le rate del mutuo ottenuto per l’acquisto della casa ed offrire agli altri creditori una quota del proprio stipendio; ma può anche pagare solo parzialmente anche la banca mutuataria, mediante una quota di stipendio od il ricavato della vendita di altri beni, salvando comunque la casa di abitazione: ciò è possibile a patto che la somma che offre in tal modo ai creditori, compresa la banca mutuataria, risulti non inferiore a quella che potrebbe ottenere facendo vendere tutti i propri beni.
Se, per esempio, il valore della casa di abitazione è particolarmente modesto (situazione che in questi anni a Biella è ormai la norma), il debitore potrebbe riuscire a mantenerne la proprietà offrendo in cambio una parte del proprio stipendio superiore alla quota di un quinto, che costituisce il limite pignorabile posto dalla legge.
E’ possibile inoltre ricorrere ad un finanziamento da parte di una fondazione anti-usura, a condizioni particolarmente vantaggiose.
3) Il controllo del Tribunale
Predisposta la proposta rivolta ai creditori, il piano deve essere depositato in Tribunale e comunicato ai creditori; questi non possono bocciarlo né dichiararsi contrari ad ottenere un pagamento soltanto parziale e/o dilazionato nel tempo, ma possono soltanto fare osservazioni, ad esempio suggerendo soluzioni diverse che potrebbero garantire introiti maggiori; dopo di che il Giudice, verificato che sussistano le condizioni poste dalla legge e che il pagamento proposto non è inferiore a quello che si potrebbe ottenere dalla liquidazione dei beni del debitore, approva il piano (in termine tecnico: lo “omologa”), che quindi viene imposto ai creditori indipendentemente dalla loro volontà.
Dal momento in cui viene depositato il ricorso in Tribunale, su richiesta del debitore il Giudice può sospendere tutte le azioni esecutive eventualmente in corso e vietare ai creditori di procedere a nuovi pignoramenti.
4) L’esecuzione del piano
Conclusa questa prima fase si passa all’esecuzione del piano, cioè alla raccolta del denaro ed alla distribuzione delle somme ai creditori, attività anche questa svolta congiuntamente dal debitore e dal gestore: dovranno quindi essere venduti i beni di proprietà del debitore e/o dovrà essere accantonata mese per mese una quota della retribuzione dallo stesso percepita.
Se il piano prevede solo la vendita di beni la procedura avrà termine quando tutti saranno stati venduti ed il ricavato sarà stato distribuito ai creditori; se invece prevede (solo o anche) la cessione di una parte dello stipendio, avrà la durata che sarà stata predeterminata nel ricorso presentato al Tribunale ed omologato dal Giudice.
A tale proposito la legge non fornisce alcuna indicazione, per cui dovrà essere oggetto di valutazione di volta in volta, considerando la natura e l’entità dei crediti, l’età del debitore e le esigenze sue e della sua famiglia nonché le risorse di cui può disporre.
Si ritiene in ogni caso che il piano non possa durare meno di tre anni, che è il tempo fissato dalla legge affinché il debitore possa avere l’esdebitazione, cioè la liberazione dei debiti non pagati; quanto alla durata massima mi risulta che siano stati approvati piani anche di oltre dieci anni, ma dovendo considerare il fatto che tali procedure hanno lo scopo di consentire al debitore di poter tornare a condurre una vita normale, pare equo ipotizzare generalmente una durata di non più di 4 o 5 anni.
Nel corso del procedimento il Gestore dovrà inviare al Tribunale ogni sei mesi una propria relazione descrivendo l’attività svolta; durante la sua esecuzione il piano può anche essere corretto, sia in senso favorevole ai creditori (se, ad es., il debitore riceve nuove risorse: un’eredità, un consistente aumento di stipendio ecc.), sia in senso ad essi sfavorevole (ad es. se la vendita dei beni ha portato un ricavato inferiore al previsto).
Se invece nel corso dell’esecuzione del piano emergono fatti rilevanti che non erano stati valutati in fase di omologa (ad es. si scopre che il debitore aveva omesso di segnalare l’esistenza di altri creditori, i quali sono stati perciò esclusi dal piano di pagamento, oppure che ha tenuto nascoste risorse di cui dispone, oppure emerge nei fatti che il piano non può essere realizzato) il Tribunale dovrà revocare l’omologa, di tal che il debitore non potrà più ottenere l’esdebitazione e tornerà ad essere assoggettabile a pignoramenti ed azioni esecutive.
Per evitare questa conseguenza il debitore può chiedere di cambiare procedimento e passare alla liquidazione controllata, che comporta la vendita di tutti i beni.
Se invece il piano andrà regolarmente in porto il Tribunale, disponendone la chiusura in base al rendiconto finale del Gestore, dichiarerà altresì che tutti i crediti rimasti non soddisfatti nell’ambito della procedura sono ormai inesigibili e che quindi non potranno essere promosse altre azioni nei confronti del debitore “esdebitato”.
Ovviamente però questa “cancellazione dei debiti” riguarda solo quelli sorti prima dell’inizio della procedura; tutti i debiti successivi all’omologa sono esclusi dal piano e devono essere pagati regolarmente.