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Trattamenti sanitari, consenso informato e DAT

  • 15/01/2018

E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 16/1/2018 la L. 22/12/2017 n. 219, intitolata “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, che, dopo anni di dibattimento intenso nell'opinione pubblica ma di solo intermittente attualità nell'attività parlamentare, ha finalmente dettato una prima timida disciplina al cosiddetto “trattamento del fine vita”.

Per effetto della regola generale dettata dall'art. 73 della Costituzione, la legge entrerà in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in G.U., e quindi il 31 gennaio di quest'anno.

Tutto l'impianto della legge poggia sul principio della autodeterminazione del paziente; è infatti il singolo cittadino ad avere il diritto di decidere se ed a quali trattamenti sottoporsi: dispone infatti l'art. 1 della Legge, al primo comma, che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata”.

Perchè questo diritto possa essere esercitato compiutamente, è ovviamente necessario che il cittadino – normalmente poco esperto in materia di medicina e chirurgia – riceva informazioni ampie, dettagliate ed esaurienti circa il proprio effettivo stato, la probabile evoluzione della malattia, le cure ed i trattamenti adottabili, la loro efficacia e le possibili conseguenze.

Lo stesso art. 1, al comma 3, sancisce perciò che: “ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonchè riguardo alle possibili alternative ed alle conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell'accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi”.

E' pertanto disposto l'obbligo per il medico di fornire tutte queste informazioni al paziente e, se questi lo desidera, ai suoi famigliari; il paziente può anche rifiutare di ricevere informazioni e chiedere che queste siano viceversa fornite esclusivamente ad una o più persone dal medesimo indicate.

Se il paziente è incapace di intendere e volere, per legge (minore di età) o per stato di salute (interdetto), le informazioni vengono rese al rappresentante legale: i genitori esercenti la potestà genitoriale nel caso di minorenne, il tutore nel caso di persona interdetta.

Il comma 5 del medesimo art. 1 prevede infine che: “ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia, o singoli atti del trattamento sanitario”.

Dopo avere ricevuto tutte le informazioni, il paziente può dunque decidere di sottoporsi alle cure e terapie consigliate dai medici, oppure di non sottoporsi ad esse; in tal caso, al medico è fatto divieto di iniziare o di proseguire nelle cure e dovrà limitarsi a trattamenti antidolorifici e cure palliative, al fine di alleviare le sofferenze del paziente.

Con le disposizioni qui esaminate la legge determina dunque un cambiamento radicale rispetto alla prassi fino ad ora affermatasi, nella quale di fatto era spesso il medico, specie nelle situazioni maggiormente critiche, a decidere pressocchè unilateralmente le cure a cui sottoporre il paziente, ed il cosiddetto “consenso informato” (rappresentato da un modulo prestampato che il paziente firmava senza neppure leggerlo) aveva il solo scopo di sollevare il medico da responsabilità in caso di esito infausto delle cure e/o dell'intervento.

Dal 31 gennaio, invece, la scelta – o quanto meno l'ultima parola – spetterà al paziente, al quale il medico dovrà riferire, ovviamente con sincerità, onestà e senso di responsabilità, non solo quali cure si potranno adottare, ma soprattutto quali conseguenze esse avranno sotto l'aspetto della qualità della vita e quali possono ragionevolmente essere le speranze di guarigione o comunque di miglioramento.

Naturalmente il paziente potrà anche cambiare idea: rifiutare le cure in un primo momento ma in seguito chiedere viceversa di esservi sottoposto, oppure, al contrario, iniziare le cure e poi chiedere di interromperle; in ogni caso il medico è obbligato a rispettare la volontà del paziente e quindi a somministrare o no le cure a seconda della scelta effettuata da quest'ultimo.

Il secondo comma dell'art. 2 contiene un significativo riconoscimento della dignità della persona, stabilendo che il medico, anche in questo caso con totale ribaltamento di quanto sino ad ora praticato, abbia l'obbligo di astenersi dal prestare cure e terapie nel caso in cui queste non abbiano la minima possibilità di migliorare la situazione del paziente: in questi casi, sarà viceversa dovuta soltanto una terapia del dolore.

Al comma 5 viene inoltre precisato che, ai fini della legge in esame, devono essere considerati trattamenti sanitari, che pertanto possono essere rifiutati o interrotti dal paziente, anche la nutrizione e l'idratazione artificiali.

Il percorso sopra delineato presuppone evidentemente che tanto l'informativa da parte del medico quanto la scelta da parte del paziente avvengano all'inizio delle cure e nel corso di esse; l'art. 4 della legge disciplina invece la possibilità di indicare anticipatamente la propria scelta, per il caso in cui sopravvenga uno stato di incapacità tale per cui il paziente non sarà più in grado di recepire correttamente le informazioni e tanto meno esprimere una propria volontà.

Dispone dunque l'art. 4, al primo comma, che: “ogni persona maggiorenne e capace di intendere e volere, in previsione di un'eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere la propria volontà inmateria di trattamenti sanitari, nonchè il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche o a singoli trattamenti sanitari”.

Ognuno di noi potrà dunque, a partire dal 31 gennaio 2018, dichiarare anticipatamente se e quali cure ricevere e sino a quando, nel caso in cui si trovasse in futuro in una condizione di totale incapacità a causa di una malattia invalidante o di un garve evento traumatico.

Questa dichiarazione, denominata DAT, cioè “Disposizioni Anticipate di Trattamento” deve essere redatta per iscritto, per atto pubblico o scrittura privata autenticata – e cioè resa avanti a un notaio od altro pubblico ufficiale – o anche con semplice scrittura privata, che in tal caso deve essere consegnata personalmente dall'autore all'ufficiale di stato civile del Comune di propria residenza.

Nelle DAT, oltre a dichiarare le proprie volontà in merito ai trattamenti sanitari cui essere o non essere sottoposti, è necessario indicare una persona di fiducia, che rappresenti il dichiarante nei rapporti con il personale sanitario nel momento in cui egli non sarà più in grado di farlo personalmente.

Anche in questo caso il medico sarà obbligato a rispettare le disposizioni espresse dal paziente e pertanto non potrà iniziare o proseguire le cure se questi ha dichiarato nelle DAT una propria volontà contraria.