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LA SUCCESSIONE EREDITARIA SENZA TESTAMENTO

  • 06/12/2023

STUDIO GRANDIERI MAIORANA CECCARELLI

AVV. ANDREA MAIORANA

 

LA SUCCESSIONE SENZA TESTAMENTO

Nella mia precedente pubblicazione ho cercato di spiegare le regole che devono essere rispettate quando si vuole fare testamento per disporre delle proprie sostanze dopo il proprio decesso.

Ora tenterò invece di illustrare cosa succede nel caso in cui una persona muoia senza avere fatto alcun testamento: situazione che ovviamente accade assai di frequente.

Si parla, in questo caso, di successione “legittima”.

Mi sembra opportuno rilevare qui una distinzione per sgomberare il campo da equivoci che possono facilmente nascere da termini simili ma che hanno significato diverso.

Parlando della successione testamentaria abbiamo visto infatti che vi sono degli eredi chiamati “legittimari”: sono il coniuge ed i parenti più stretti, ai quali la legge riserva sempre una quota dell’eredità, cosicchè l’autore del testamento incontra dei limiti nella propria facoltà di disporre del proprio patrimonio dopo la propria morte.

Le persone alle quali viene devoluto il patrimonio del defunto in mancanza del testamento sono invece gli eredi “legittimi”: sono cioè le persone che ereditano “per legge” e non per volontà del de cuius.

Come già per i legittimari, anche per gli eredi legittimi il codice civile detta una serie di regole per disciplinare i rapporti fra loro ed in particolare per la distribuzione fra essi del patrimonio del defunto.

Il punto di partenza è segnato dall’art. 565, che così dispone: “Nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato, nell’ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo”.

Tutti sappiamo chi è il coniuge; ad esso va però equiparata oggi la persona con cui si è costituita una unione civile, mentre invece nessun diritto successorio è riconosciuto al semplice convivente, non solo “di fatto”, ma anche in caso di stipulazione di un contratto di convivenza ai sensi della L. 76 del 2016 (su questi istituti si veda il mio commento pubblicato su questo sito).

I discendenti sono ovviamente i figli ed i nipoti, questi ultimi intesi però solo quali figli dei figli, non i figli di fratelli o sorelle, che rientrano nella categoria “altri parenti”; gli ascendenti sono genitori, nonni ed avi; i collaterali sono i fratelli e le sorelle, anche nel caso in cui abbiano in comune con il defunto uno solo dei genitori; tutti gli altri (zii, cugini ecc.) sono gli altri parenti, sino al sesto grado; in mancanza di tutti questi i beni del defunto sono acquisiti dallo Stato.

 

Il concorso fra più eredi legittimi.

Come abbiamo visto analizzando la posizione degli eredi “legittimari” rispetto al testamento, la legge tutela in modo particolare alcune persone facendo in modo che ad esse pervenga sempre almeno una parte del patrimonio del de cuius.

Questa tutela si riflette anche nella disciplina delle successioni senza testamento, per cui fra gli eredi “legittimi” si distingue la posizione di coloro che sono anche “legittimari”, per i quali viene dettata una disciplina particolare per la distribuzione fra di essi dei beni del defunto.

Vediamo dunque quali sono i casi che si possono presentare:

 

Il coniuge: se chi muore lascia solo il coniuge, questo eredita tutto; se, oltre al coniuge, vi è anche un figlio, il patrimonio del defunto deve essere diviso in due parti uguali; se i figli sono due o più, al coniuge va un terzo ed ai figli complessivamente i due terzi, porzione che a sua volta deve essere divisa fra di loro in parti uguali; se non vi sono figli ma, oltre al coniuge, vi sono fratelli e/o sorelle del defunto, al coniuge vanno i due terzi ed il restante terzo va diviso fra i collaterali; la stessa ripartizione deve essere fatta se oltre al coniuge sopravvivono uno o più ascendenti. Al coniuge va di diritto un terzo del patrimonio anche se il defunto lascia sia genitori (o altri ascendenti), sia fratelli e/o sorelle: in questo caso ascendenti e collaterali si divideranno quindi un terzo dell’eredità.

Il coniuge ha diritto alla propria quota di eredità anche se separato; non ha più alcun diritto se invece è stato sancito il divorzio.

 

I figli: i figli naturalmente sono eredi dei propri genitori e fra essi il patrimonio ereditario va diviso in parti uguali; subiscono solo il concorso del genitore superstite, al quale, come abbiamo appena visto, va la metà del patrimonio se vi è un figlio solo ed un terzo se i figli sono due o più. Se non vi è un coniuge superstite il patrimonio del de cuius va interamente ai figli, anche se vi sono ascendenti (genitori o nonni) e/o collaterali (fratelli e/o sorelle) del defunto, che in questo caso restano esclusi dalla successione.

Per “figli” si intendono anche i figli adottivi ed i figli nati fuori dal matrimonio e riconosciuti: tutti hanno perciò uguali diritti.

 

Gli ascendenti: come i figli ereditano dai genitori, così i genitori ereditano dai figli, se questi non avevano figli: quindi nel caso in cui il defunto non abbia lasciato discendenti né coniuge i suoi eredi saranno i genitori, che si divideranno il patrimonio in parti uguali, ovvero l’unico genitore ancora in vita, che erediterà tutto. Se non vi sono né figli né coniuge né genitori ma solo altri ascendenti (in pratica: i nonni) l’eredità dovrà essere divisa per metà ai nonni materni e per metà ai nonni paterni, indipendentemente dal loro numero: se saranno in vita, per esempio, entrambi i nonni materni ma solo un nonno paterno, l’eredità non sarà divisa per tre, ma sempre per due: metà ai due nonni materni e metà al nonno paterno. Come abbiamo già visto, se il de cuius lascia il coniuge e uno o più ascendenti, l’eredità si devolve per due terzi al coniuge e per un terzo al o agli ascendenti. Se invece non vi sono né coniuge né figli ma solo genitori e collaterali il patrimonio ereditario va diviso in parti uguali, ma ai genitori è riservata almeno la metà.

 

I collaterali (fratelli e sorelle): se le regole fin qui esaminate vi sono sembrate complicate, per i collaterali è ancora peggio, poiché la legge distingue fra fratelli e sorelle “germani”, cioè quelli che hanno in comune con il de cuius entrambi i genitori, dai fratelli e le sorelle “unilaterali”, quelli cioè che condividono con il defunto un solo genitore: i figli (come si diceva una volta) “di seconde nozze” o i figli naturali, cioè nati fuori dal matrimonio e legalmente riconosciuti.

Per le regole del concorso che abbiamo già esaminato parlando degli altri eredi legittimi, sappiamo che ai collaterali spetta un terzo del patrimonio se chi muore lascia, oltre a loro, anche il coniuge, mentre se gli eredi sono solo gli ascendenti e i collaterali l’eredità si divide in parti uguali fra tutti; in quest’ultimo caso, però, ai collaterali “unilaterali” spetta la metà della quota a cui hanno diritto i “germani”.

Come pure abbiamo già visto, la presenza di figli lascia invece i collaterali senza alcun diritto ereditario.

Se invece non vi sono né figli né coniuge né ascendenti ma solo collaterali, questi ereditano tutto, ma anche in questo caso agli “unilaterali” spetta la metà della quota che spetta ai “germani”.

 

Gli “altri parenti”: se il defunto non aveva (o non aveva più) né figli o discendenti, né coniuge, né genitori od ascendenti, né fratelli né sorelle, entrano in gioco gli “altri parenti” (zii, cugini, nipoti, qui intesi come figli di fratelli o sorelle), sino al sesto grado; quelli più lontani non contano più e quindi l’eredità finisce allo Stato.

Per gli “altri parenti” non vigono le complicate regole del concorso che regolamentano i rapporti fra coniugi, figli, ascendenti e collaterali: il parente o i parenti di grado più vicino prendono tutto e non lasciano niente agli altri.

Per fare un esempio: se al momento del decesso del de cuius sono ancora in vita uno zio e un cugino, l’eredità va tutta allo zio, in quanto parente più prossimo rispetto al cugino. Se vi sono più parenti dello stesso grado, il patrimonio va diviso fra loro in parti uguali.

Si deve tenere presente infine che i parenti del coniuge (quindi: i cognati e/o i suoceri del defunto) non sono parenti del de cuius e quindi non hanno diritti ereditari.

 

La rappresentazione.

Devo infine fare un accenno all’istituto della rappresentazione, in forza del quale i discendenti di un discendente o di un collaterale del de cuius subentrano nei diritti del proprio ascendente che non voglia o non possa accettare l’eredità (per es. per rinuncia o perchè premorto).

Farò un esempio per cercare di rendere più chiara la situazione: ipotizziamo che Tizio abbia due figli, Caio e Sempronio, e che quando muore non siano più in vita né la moglie né i genitori: l’eredità deve dunque essere divisa in due parti uguali fra i due figli.

Immaginiamo però anche che Caio sia morto prima del padre e che avesse, a sua volta, due figli (chiamiamoli Coso e Caso): il fatto che sia rimasto solo un figlio di Tizio non significa che questi erediti tutto, perchè a Caio subentrano Coso e Caso, i quali hanno diritto di ricevere la quota che sarebbe spettata al loro padre.

L’eredità, quindi, dovrà essere divisa in due parti uguali, esattamente come se fossero in vita entrambi i figli di Tizio; di queste quote, poi, una – quella che sarebbe andata a Caio – dovrà essere a sua volta divisa in due parti uguali, destinate ai suoi due figli.

Questo meccanismo non si applica per tutti gli eredi ma solo per i figli e per i fratelli e le sorelle del de cuius ed è a vantaggio solo dei discendenti dei figli e/o dei fratelli e delle sorelle premorti o che rinuncino all’eredità: pertanto, se gli unici eredi del defunto sono dei cugini ed uno di essi è premorto, l’eredità si divide solo fra i cugini sopravvissuti e nulla spetta ai figli del cugino morto precedentemente.