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IL SOVRAINDEBITAMENTO

  • 11/05/2020

STUDIO GRANDIERI MAIORANA CECCARELLI

AVV. ANDREA MAIORANA

 

IL SOVRAINDEBITAMENTO

Sino al 2012 il privato cittadino, così come l’artigiano, il piccolo imprenditore od il professionista che si fosse trovato oberato dai debiti non aveva altra scelta per risolvere la propria situazione se non sperare di trovare un accordo con ognuno dei propri creditori; in caso contrario, restava esposto praticamente per sempre a possibili pignoramenti ed azioni esecutive.

Per contro, la mancanza di una procedura concorsuale come il fallimento od il concordato previsti per le imprese, obbligava i creditori ad agire singolarmente, in competizione fra loro, per tentare di pignorare i conti correnti o i beni del debitore, costringendoli ad affrontare ulteriori spese che spesso risultavano superiori al risultato pratico ottenuto.

Per risolvere questi inconvenienti ed anche per evitare che il debitore finisse vittima degli usurai, con la legge n. 3 del 27 gennaio 2012 sono state introdotte per la prima volta tre importanti procedure che permettono al privato cittadino di gestire la propria situazione debitoria in modo tale da soddisfare nel miglior modo possibile i propri creditori e nel contempo di liberarsi, a certe condizioni, dei debiti che non è più in grado di onorare.

Tale situazione è definita dalla legge “sovraindebitamento” ed è costituita dal “perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”.

 

Tre sono le procedure per mezzo delle quali il debitore può uscire dalla propria situazione di sovraindebitamento: il piano del consumatore, l’accordo di ristrutturazione dei debiti e la liquidazione del patrimonio; i soggetti che possono usufruirne sono, in sostanza, tutti coloro che non possono essere assoggettati alle procedure previste dalla legge fallimentare: quindi non solo il privato cittadino (il “consumatore”, secondo la terminologia dell’Unione Europea), ma anche l’artigiano, il professionista, il piccolo imprenditore anche se costituito in forma societaria (cioè le imprese che non raggiungono i requisiti dimensionali per fallire), l’imprenditore agricolo e le start-up innovative.

Poichè queste procedure costituiscono una soluzione premiante per il debitore in quanto gli consentono di liberarsi dei debiti pagandone solo una parte, la legge pone delle condizioni di meritevolezza: per potere essere ammesso ad una di queste procedure il debitore non deve averne già usufruito nei 5 anni precedenti e non deve avere subìto la risoluzione o la revoca di un piano del consumatore o di un accordo di ristrutturazione per fatti a lui imputabili; deve inoltre portare documentazione completa ed idonea a dimostrare la sua reale situazione.

Vediamo ora in dettaglio, anche se molto succintamente, le tre diverse soluzioni.

 

1) Il piano del consumatore.

È riservato al solo “consumatore”, cioè la persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività impreditoriale o professionale eventualmente svolta.

In situazione di sovraindebitamento il consumatore può rivolgersi ad un Organismo di Composizione della Crisi (si tratta di un organismo istituito appositamente per queste procedure dalla medesima L. 3/2012 ed è costituito da professionisti esperti in materia) con il quale può predisporre un piano che preveda il pagamento, dilazionato ed eventualmente anche solo parziale, di tutti i debiti.

L’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) ha la funzione nello stesso tempo di aiutare il consumatore nella predisposizione del piano e di verificare che esso consenta la maggiore soddisfazione possibile per i creditori, assicurando cioè a costoro il pagamento in misura superiore a quanto otterrebbero se si procedesse semplicemente alla vendita di tutto il patrimonio attuale del debitore.

Raccolta tutta la documentazione e predisposto il piano, questo viene presentato al Tribunale del luogo di residenza del consumatore; il giudice, se verifica che il debitore non ha commesso atti in frode ai creditori e non ha assunto debiti con propria colpa grave (cioè quando poteva già facilmente prevedere che non sarebbe stato in grado di pagarli) omologa il piano, il quale quindi diventa opponibile ai creditori anche contro la loro volontà, e da quel momento non sono più possibili azioni cautelative ed esecutive nei confronti del debitore.

Se il piano viene portato a termine secondo le previsioni il debitore è liberato da ogni sua obbligazione: i creditori dovranno pertanto accontentarsi del pagamento ottenuto e non potranno più pretendere nulla per la parte che non è stata saldata.

 

2) L’accordo di ristrutturazione.

Tutti i soggetti non sottoponibili a fallimento od a concordato, come già indicati in precedenza, possono ricorrere all’accordo di ristrutturazione dei debiti, che consiste anch’esso in un programma in base al quale il debitore propone il pagamento dilazionato ed eventualmente anche solo parziale di tutti i debiti.

Anche in questo caso il debitore deve rivolgersi ad un OCC; il programma predisposto dal debitore con l’aiuto dell’OCC, dopo il deposito in Tribunale, deve però essere trasmesso a tutti i creditori, i quali possono fare osservazioni ed anche opporsi all’accordo; il Tribunale omologa – cioè approva – l’accordo se questo è accettato da tanti creditori che costituiscano almeno il 60% dei crediti e se ritiene che non siano stati commessi atti in frode ai creditori; in caso di contestazioni, il giudice deve verificare che l’accordo proposto consenta la realizzazione di un attivo superiore a quanto ottenibile con la semplice liquidazione del patrimonio del debitore.

Dal momento del deposito della proposta di accordo in Tribunale è vietata qualsiasi azione cautelare o esecutiva nei confronti del debitore; anche in questo caso se l’accordo viene rispettato ed i pagamenti eseguiti come previsto il debitore è liberato da ogni sua obbligazione assunta prima della presentazione dell’accordo ed in esso ricompresa.

 

3) La liquidazione del patrimonio.

In alternativa, il debitore, sempre con la collaborazione e la supervisione dell’OCC, può chiedere la liquidazione del proprio patrimonio: può chiedere, cioè, che venga nominato dal Tribunale un liquidatore che proceda alla vendita di tutto il suo patrimonio ed alla distribuzione del ricavato ai vari creditori.

Può chiedere di procedere alla liquidazione del patrimonio anche il debitore che abbia ottenuto l’omologa del piano del consumatore o dell’accordo di ristrutturazione, quando nel corso della loro esecuzione si riscontri che di fatto non potranno essere eseguiti i pagamenti nella misura prevista.

Può essere infine disposta dal Tribunale, d’ufficio o su istanza di un creditore, nel caso in cui il debitore non rispetti l’accordo di ristrutturazione omologato oppure risulti che ha occultato o sottratto una parte rilevante dell’attivo di cui dispone.

La liquidazione del patrimonio è disposta con decreto del Tribunale, che deve essere inviato dal liquidatore a tutti i creditori; questi devono comunicare l’entità ed il motivo del proprio credito e chiedere di partecipare alla distribuzione del ricavato.

Nella liquidazione sono comprese anche tutte le attività che pervengono al debitore, a qualsiasi titolo, nei 4 anni successivi alla presentazione della domanda.

A differenza delle altre procedure, la liquidazione del patrimonio non produce automaticamente la liberazione del debitore da quella parte di obbligazioni che sia rimasta impagata: terminata la procedura, i creditori avranno quindi ancora la possibilità (a questo punto però puramente teorica) di promuovere nuove azioni esecutive.

Il debiore può tuttavia ottenere al liberazione dai debiti residui (tecnicamente denominata “esdebitazione”) ove ricorrano particolari condizioni di meritevolezza, disposte analiticamente dall’art. 14-terdecies.

Si deve notare infine che tutte queste procedure non hanno effetto nei confronti di eventuali garanti, fideiussori o coobligati del debitore, per cui il creditore manterrà il diritto di richiedere a questi ultimi la parte del proprio credito rimasta impagata.