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IL PIGNORAMENTO DELLO STIPENDIO, DELLA PENSIONE E DEL CONTO CORRENTE

  • 21/02/2023

STUDIO GRANDIERI MAIORANA CECCARELLI

AVV. ANDREA MAIORANA

 

IL PIGNORAMENTO DELLO STIPENDIO,

DELLA PENSIONE E DEL CONTO CORRENTE

 

Chi è stato condannato al pagamento di una somma di denaro in favore di un proprio creditore si trova esposto, nel caso in cui non adempia spontaneamente, a subire un pignoramento.

Il pignoramento può colpire:

- i beni mobili, ovverosia tutti gli oggetti di proprietà del debitore, i quali, dopo essere stati pignorati, dovranno essere venduti all’asta e quindi aggiudicati al miglior offerente. Tale forma di pignoramento viene eseguita normalmente dall’Ufficiale Giudiziario nella casa di abitazione o presso l’attività (negozio, ufficio ecc.) del debitore. Non possono essere pignorati: l’anello nuziale, i vestiti e la biancheria, i letti, il tavolo e le sedie necessarie per la consumazione dei pasti, il frigorifero, il fornello di cucina, la lavatrice, gli utensili da cucina e l’armadio ove sono contenuti, il guardaroba ed i cassettoni. Gli strumenti di lavoro possono essere pignorati solo nel limite di un quinto e a condizione che gli altri oggetti pignorabili siano di valore insufficiente per l’estinzione del debito.

- i beni immobili, cioè edifici e terreni; può essere pignorata, e quindi successivamente venduta all’asta, anche la cd. “prima casa”, ossia la casa di abitazione: solo per l’Agenzia delle Entrate vige il divieto di pignorare la casa ove il debitore abita, a meno che questi non abbia debiti erariali superiori ad € 120.000,00 ed a condizione che la casa non sia di lusso (categorie catastali A/1 e A/8) e sia l’unica di proprietà del debitore.

- i crediti; in questo caso si parla di “pignoramento presso terzi” perchè viene coinvolta una persona “terza”, cioè estranea al rapporto fra creditore pignorante e debitore pignorato. I casi più frequenti riguardano lo stipendio o la pensione e i conti correnti bancari o postali.

a) il pignoramento dello stipendio.

Questa forma di pignoramento viene eseguita tramite la notifica, da parte dell’Ufficiale Giudiziario, di un atto con il quale si intima al datore di lavoro del debitore di trattenere la quota pari ad un quinto della retribuzione dovuta mensilmente e di comunicare al creditore, rappresentato dal proprio avvocato, di cui viene indicato l’indirizzo pec, quale sia l’importo dello stipendio e se su di esso vi siano già precedenti pignoramenti, sequestri o cessioni volontarie; è inoltre indicata la data dell’udienza nella quale, se non vi sono contestazioni, il Giudice emetterà l’ordine al datore di lavoro di corrispondere direttamente al debitore un quinto dello stipendio mensile dovuto a quest’ultimo fino al completo pagamento del capitale, degli interessi e delle spese legali.

Lo stipendio è sempre pignorabile nei limiti di un quinto, qualsiasi ne sia l’importo: quindi può essere pignorata anche una retribuzione minima per un impiego part-time, così come non potrà comunque essere pignorato per una quota superiore al quinto neppure un ricchissimo stipendio di migliaia di euro dovuto ad un dirigente di alto livello.

Il limite del quinto non può essere superato neppure se vi sono più creditori: in questo caso il più veloce otterrà l’assegnazione, gli altri dovranno “mettersi in coda” ed attendere che sia stato pagato integralmente il credito di chi li ha preceduti.

Vi sono però due eccezioni:

1) se il credito per cui è stato eseguito il pignoramento è di natura alimentare (ad es. l’assegno dovuto dai genitori per il mantenimento dei figli minorenni) il Presidente del Tribunale può autorizzare il pignoramento di una quota di stipendio superiore al quinto;

2) se invece il creditore che procede al pignoramento è l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, che agisce per crediti di natura tributaria, i limiti di pignorabilità della restribuzione sono:

- un decimo se lo stipendio è inferiore ad € 2.500,00;

- un settimo se è compreso fra € 2.500,00 ed € 5.000,00;

- un quinto se è superiore ad € 5.000,00.

In compenso l’Agenzia delle Entrate – Riscossione può aggiungere il proprio pignoramento ad uno precedente di un altro creditore, anziché attenderne la conclusione, perchè se vi sono più creditori ed uno di essi è lo Stato, oppure una provincia o un comune per crediti di natura tributaria, il limite complessivo di pignorabilità dello stipendio è elevato alla metà: in questo caso, quindi, l’Agenzia delle Entrate può ottenere l’assegnazione di una quota di stipendio anche se vi è già un pignoramento precedente eseguito da un altro creditore.

Nel caso in cui il rapporto di lavoro cessi, per qualsiasi motivo, prima che il debito sia stato estinto, il pignoramento colpisce anche il T.F.R., sempre nel limite della quota di un quinto.

Nel caso in cui il debitore cambi lavoro il pignoramento non si trasferisce automaticamente ed il creditore dovrà perciò eseguire un nuovo pignoramento presso il nuovo datore di lavoro.

 

b) il pignoramento della pensione.

Fino ad alcuni anni fa il pignoramento della pensione era sottoposto al medesimo regime ed ai medesimi limiti del pignoramento della retribuzione.

Con il D.L. 27/6/2015 n. 83, convertito nella L. 132/2015, è stata apportata una rilevante modifica che ha introdotto un trattamento decisamente più favorevole per il pensionato rispetto al lavoratore dipendente, confermato ed anzi ulteriormente migliorato dalla L. 142/22 di conversione del cd. “Decreto aiuti bis”.

E’ stato infatti stabilito che le somme dovute a titolo di pensione sono pignorabili per la quota di un quinto, ma solo per la parte che supera il doppio dell’importo dell’assegno sociale, con in ogni caso il limite minimo di 1.000,00 euro: la quota di un quinto pignorabile, quindi, non si calcola sull’intero importo della pensione, ma solo sulla parte eccedente il doppio dell’assegno sociale.

Poiché attualmente questo ammonta ad € 503,27, la pensione è assolutamente impignorabile fino all’importo di € 1.006,54 (€ 503,27 x 2); se la pensione percepita supera tale cifra (es.: € 1.200,00) il pignoramento colpirà un quinto della somma che supera € 1.006,54 (nell’esempio: € 1.200,00 – 1.006,54 = 193,46; un quinto pignorabile = € 38,69); se invece l’importo della pensione percepita non supera questa soglia il pignoramento sarà negativo e nulla potrà essere assegnato al creditore.

La pensione di invalidità civile e l’indennità di accompagnamento sono invece totalmente impignorabili qualunque ne sia l’importo, come anche i sussidi di maternità, perchè sono considerati “crediti di sostentamento” ai sensi del 2° comma dell’art. 545 c.p.c.

 

c) il pignoramento del conto corrente.

La forma del pignoramento dei depositi bancari o postali è la stessa di quello dello stipendio o della pensione. Dal momento della notifica la banca dovrà bloccare il conto, impedendo al titolare-debitore pignorato qualsiasi prelievo; entro i dieci giorni successivi dovrà comunicare al legale del creditore se e quali somme risultino depositate, sotto qualsiasi forma: conto corrente, libretto di deposito, titoli ed investimenti ecc. e, se tale dichiarazione è “positiva”, cioè se la banca ha effettivamente in deposito somme del debitore pignorato, attendere poi il provvedimento del Giudice per l’assegnazione in favore del creditore.

Lo stesso D.L. 83/2015 richiamato prima ha portato un’altra importante novità in merito al pignoramento delle somme depositate in banca (od in Posta).

Sino all’entrata in vigore di tale nuova normativa, infatti, i depositi bancari erano pignorabili senza alcun limite, in quanto considerati semplicemente un credito che il correntista ha nei confronti della banca a cui ha affidato i propri risparmi, con la conseguenza che il creditore aveva diritto a vedersi assegnato l’intero importo risultante dal saldo del conto corrente o del libretto.

Oggi, invece, il Giudice deve verificare quale sia la provenienza delle somme che risultano depositate sul conto del debitore ed escludere dal pignoramento l’importo pari al triplo dell’assegno sociale nel caso in cui su tale conto risultino accreditate somme percepite dal debitore a titolo di stipendio o di pensione.

Pertanto, se il conto corrente del debitore risulta alimentato regolarmente dall’accredito dello stipendio o della pensione, dovrà essere lasciato a disposizione del debitore l’importo pari a tre volte l’assegno sociale (oggi € 1.509,81) e potrà essere assegnato al creditore solo quanto eventualmente risulti depositato in più rispetto a tale importo.

Anche qui vige però una regola diversa se il creditore pignorante è l’Agenzia delle Entrate: in questo caso, infatti, la somma depositata sul conto corrente che resta indenne dal pignoramento è pari all’importo dell’ultima mensilità della retribuzione.

Se, invece, lo stipendio o la pensione non vengono versate direttamente sul conto, il pignoramento avrà efficacia sull’intero importo che risulta esistente alla data della notifica dell’atto di pignoramento e sulle somme accreditate successivamente sino al giorno dell’udienza: in questo caso il Giudice dovrà pertanto ordinare alla banca, o alla posta, di prelevare l’intera somma esistente sul conto pignorato e girarla sul conto corrente indicato dal creditore.

A differenza del pignoramento dello stipendio, il pignoramento del conto corrente non si protrae nel tempo, ma esaurisce i propri effetti al momento del provvedimento di assegnazione pronunciato dal giudice; il creditore conserva però il diritto di eseguire altri pignoramenti successivi sino a quando non sarà pagato integralmente.

Ovviamente se il conto è cointestato il pignoramento non potrà colpire l’intera somma che si trova ivi depositata, ma solo la quota di pertinenza del debitore pignorato: ad es., nel caso molto frequente di conto corrente intestato ai due coniugi, se debitore è uno solo dei due il pignoramento potrà colpire soltanto il 50% dell’intera somma depositata.