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Il Codice della Crisi d'Impresa

  • 06/06/2019

STUDIO GRANDIERI MAIORANA CECCARELLI
AVV. ANDREA MAIORANA
IL CODICE DELLA CRISI DI IMPRESA E DELL’INSOLVENZA
UN CAMBIO DI PROSPETTIVA
In data 14/2/2019 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo
n. 14 del 12 gennaio 2019, intitolato “Codice della Crisi di Impresa e
dell’Insolvenza in attuazione della Legge 19/10/2017 n. 155”.
Tale codice, che sostituisce integralmente l’attuale Legge Fallimentare (risalente
nel suo nucleo originario al Regio Decreto 16/3/1942 n. 267, poi ampiamente e
ripetutamente modificato e rimaneggiato) comporta una modifica radicale non solo
degli istituti destinati ad applicarsi alle imprese in crisi, ma anche della visione
dell’impresa e dell’organizzazione dell’azienda che d’ora in poi dovranno
caratterizzare l’attività degli imprenditori e dei loro professionisti e consulenti.
Per questo motivo, per dare il tempo sufficiente a tutti gli operatori del settore di
ben comprendere la nuova normativa ed adeguare l’assetto aziendale alle nuove
disposizioni, è stato previsto che detto codice entri in vigore soltanto 18 mesi dopo
la sua pubblicazione in G.U.: la nuova normativa sarà applicabile pertanto a partire
dal 15 agosto 2020.
Sembra una data piuttosto lontana del tempo; tuttavia, è bene affrontare sin d’ora
un’attenta analisi del Codice, per non trovarsi poi impreparati nel momento in cui
scatteranno i nuovi obblighi.
Vi sono poi alcune norme, che potremmo definire preparatorie per l’entrata a
pieno regime del Codice, che sono già entrate in vigore il 15 marzo scorso ed alle
quali quindi è necessario adeguarsi sin d’ora.
A. Prevenire è meglio che curare.
Gli istituti previsti tradizionalmente nel nostro ordinamento per la disciplina della
crisi delle imprese (fallimento, concordato e liquidazione coatta) erano diretti di
fatto alla chiusura dell’azienda: erano rari i casi in cui il concordato non fosse
“liquidatorio” ed ancor più quelli di applicazione dell’ “amministrazione
controllata”, istituto non a caso abrogato nel 2006.
Il nuovo Codice della Crisi di Impresa (C.C.I.), al contrario, cerca di rovesciare del
tutto questa impostazione al fine di privilegiare il salvataggio dell’impresa e quindi
garantire la continuità aziendale.
Per fare questo, impone nuovi obblighi organizzativi alle aziende, nell’obiettivo
dichiarato di cogliere in anticipo i segnali di una possibile futura crisi per potere
agire tempestivamente ed adottare i necessari correttivi.
Occorrerà però, soprattutto, che l’imprenditore si abitui ad adottare nuove strategie
ed a guardare maggiormente alle prospettive future, per comprendere ed attuare in
anticipo le decisioni da prendere prima che l’azienda diventi insolvente.
Sono significative in proposito queste due definizioni contenute nell’art. 2 del
C.C.I.:
CRISI è lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile
l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a
far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate;
INSOLVENZA è lo stato dell’azienda che non è più in grado di soddisfare
regolarmente le proprie obbligazioni.
Occorre perciò cogliere i segnali di crisi per potere agire tempestivamente al fine
di evitare l’insolvenza. La crisi, in buona parte dei casi, è reversibile; l’insolvenza,
solitamente, no.
B. L’importanza di una buona organizzazione.
L’imprenditore “padrone” dell’azienda si identifica in essa ed ha maggiori
difficoltà a valutare oggettivamente la realtà. Pare dunque opportuna la previsione,
contenuta nel C.C.I., di nuovi assetti organizzativi e di nuovi organi di controllo.
In linea generale, il C.C.I. dispone che l’imprenditore (sia individuale che
collettivo, quello cioè che agisce sotto forma di società) deve “istituire un assetto
organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura ed alle dimensioni
dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi
dell’impresa e della perdita della continuità aziendale”.
ATTENZIONE: questa norma è già entrata in vigore il 15 marzo u.s.: è perciò
necessario pensare sin d’ora come attrezzarsi per essere in linea con la legge.
Il principio sopra enunciato si declina poi in modo diverso a seconda del tipo e
delle dimensioni dell’impresa.
L’IMPRENDITORE INDIVIDUALE deve adottare misure idonee a rilevare
tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie
a farvi fronte. E’ dunque lasciata all’imprenditore stesso l’individuazione di quali
siano tali “misure idonee”.
L’IMPRENDITORE COLLETTIVO deve adottare un assetto organizzativo
adeguato ai fini della rilevazione tempestiva dello stato di crisi e dell’adozione di
idonee iniziative per il suo superamento.
Le società di capitali (s.r.l. e s.p.a.) che per almeno due anni consecutivi presentino
anche una sola delle seguenti condizioni:
I. un totale dello stato attivo patrimoniale pari o superiore a due milioni di
euro;
II. un totale delle vendite o prestazioni di servizio pari o superiore a due
milioni di euro;
III. una media di dipendenti pari o superiore a dieci;
devono obbligatoriamente dotarsi di uno specifico organo di controllo: devono
cioè nominare un sindaco (o collegio sindacale) o un revisore contabile.
Ricorrendo tali condizioni, la nomina dell’organo di controllo (previa correlata
modifica dello statuto sociale) deve essere effettuata entro nove mesi dall’entrata
in vigore di questa norma, che, come detto sopra, è avvenuta il 15/3 u.s.: le società
che si trovano quindi soggette a tale obbligo dovranno provvedere entro il 16
dicembre 2019.
Nel prossimo articolo esamineremo le cd. “Procedure di Allerta”.