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Diritti dei conviventi: due importanti precisazioni

  • 15/10/2018

STUDIO GRANDIERI MAIORANA CECCARELLI
AVV. ANDREA MAIORANA
Con risposta ad interpello n. 37 del 2018 l’Agenzia delle Entrate ha fornito due interessanti
chiarimenti interpretativi della L. 76/2016 sulle unioni civili ed il contratto di convivenza.
Come avevo già ricordato nella pubblicazione del settembre 2017 (“I contratti di
convivenza”), ai fini della legge in questione si considerano conviventi di fatto “due persone
maggiorenni unite stabilmente da legami afetivi di coppia (...)” e la prova di tale
presupposto è data dalle risultanze anagrafiche.
Si è posto il quesito se, in presenza di una diversa residenza anagrafica ufficiale, la prova
della stabile convivenza potesse eessere fornita in altro modo ed in particolare tramite
autocertificazione.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate, pienamente condivisibile, è stata positiva.
L’Agenzia, richiamando anche una propria precedente circolare dettata in materia di sgravi
per ristrutturazioni edilizie, ha correttamente rilevato che, poichè ai fini dell'accertamento
della stabile convivenza la legge n. 76 del 2016 richiama il concetto di famiglia anagrafica
previsto dal regolamento di cui al D.P.R. n. 223/1989, tale status può risultare dai registri
anagrafici o essere oggetto di autocertificazione resa ai sensi dell'art. 47 del D.P.R. n.
445/2000.
Pertanto, anche nel caso in cui il convivente abbia lasciato la residenza anagrafica in un
proprio precedente domicilio, qualora voglia avvalersi del diritto di continuare ad abitare
nella casa di abitazione comune, benchè di proprietà dell’altro convivente, ben potrà
provare la propria condizione di convivente mediante autocertificazione.
Il documento qui commentato fa espresso riferimento ad un caso in cui in discussione vi era
il diritto del convivente superstite a continuare ad abitare, per un certo tempo, nel domicilio
comune (art. 1, comma 42 L. 76/2016), ma il principio vale ovviamente per qualsiasi
situazione in cui debba essere provato uno stabile rapporto di convivenza.
La risposta ad un interpello fornisce la soluzione ad un caso specifico, per cui non ha valore
generale; tuttavia, di fatto dà indicazioni che solitamente vanno oltre al caso concreto per il
quale è stata richiesta ed alle quali normalmente l’amministrazione finanziaria si adegua
per tutti i casi simili.
Nella fattispecie in esame, la risposta qui commentata costituisce la prima autorevole
pronuncia interpretativa per la soluzione di una questione che potrebbe presentarsi anche
al di fuori dell’ambito tributario e che anzi potrebbe determinare in maniera rilevante la
maggiore o minore applicabilità concreta della normativa.
A proposito del diritto di abitazione riconosciuto al convivente di fatto superstite dal su
citato comma 42 L. 76/2016, l’Agenzia ha inoltre ritenuto che si tratti di un diritto
personale connesso direttamente con lo status di convivente: il convivente superstite non è
quindi destinatario di un diritto successorio o di un legato, con la conseguenza che il
proprio diritto ad abitare nella casa del convivente defunto (che, si ricorda, potrà protrarsi
per un minimo di due anni ed un massimo di cinque) non deve essere richiamato nella
denuncia di successione.
L’Agenzia ha rilevato che il riconoscimento del diritto di continuare ad abitare nella casa
comune ad opera del citato articolo 1 comma 42 della legge n. 76 del 2016 è volto a garantire
la tutela del diritto all'abitazione dalle pretese restitutorie dei successori del defunto per un
lasso di tempo ragionevolmente sufficiente a consentite al convivente superstite di
provvedere in altro modo a soddisfare l'esigenza abitativa. Il convivente, dunque, non
assume la qualifica di legatario dell'immobile in quanto manca una disposizione
testamentaria volta a istituirlo come tale ai sensi dell'articolo 588 del codice civile.
Alla luce delle suesposte considerazioni, deve escludersi che il diritto di abitazione ex art.1
comma 42 della legge 76 del 2016 debba essere indicato nella dichiarazione di successione,
in quanto diritto personale di godimento attribuito ad un soggetto che non è erede o
legatario.